Trento come Napoli, Cagliari al pari di Padova. Il Mezzogiorno allo stesso livello del centro e solo un piccolo passo dietro il nord. Su una cosa l’Italia dalle diverse velocità ritrova lo stesso passo: si chiamano startup innovative, sono ormai più di 3.200 e aumentano a una velocità esponenziale. E lo fanno non solo a Milano (dove sono 470), Roma (270) o Torino (174), ma anche nelle province più piccole, come Trento, o con maggiori problemi di sviluppo, come Napoli, dove se ne contano in entrambi i casi 96.
Questa voglia di fare impresa – che parla un linguaggio giovane, dinamico e ipertecnologico, che si muove a suon di byte ma che si lamenta di una burocrazia asfissiante e di un credito avaro – emerge sia dai dati ufficiali della sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di commercio, sia da una specifica indagine promossa da Unioncamere e Ministero del lavoro nell’ambito del sistema informativo Excelsior.
«Le Camere di commercio svolgono un ruolo fondamentale per favorire la diffusione dell’innovazione e la nascita e consolidamento delle imprese innovative. Occorre intervenire con un approccio improntato alla semplificazione (utilizzando al meglio le norme e le strutture efficienti che già esistono) e alla sostenibilità economica nel tempo, anche per il bilancio pubblico, delle misure affinché possano diventare strutturali».
Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere
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