Una mostra che racconta il luogo di lavoro dove, purtroppo, è proprio il lavoro ad essere una chimera. Scatti che ci guidano dalla chiusura dell’azienda al momento della sua demolizione, una guida in immagini per soffermarci a pensare alla situazione e al destino di numerose aree produttive non più attive, intere aree dismesse che stanno caratterizzando le città e le periferie italiane. Luoghi di lavoro e di risorse, un tempo, che oggi rischiano di rappresentare autentici problemi per le città stesse.

Questa è «Clinker Motel» ed è suddivisa in tre sezioni:
«Clinker 2005-2006», dove, da un momento all’altro, sembra che la fabbrica possa tornare in funzione, che sia stata abbandonata solamente il giorno prima. Eppure, in alcuni dettagli, è chiara l’inesorabile fine di ogni attività produttiva: il lungo tubo di metallo alto tre metri, ovvero il forno rotante deputato alla produzione del clinker, il componente base del cemento, è ancora lì, spento alla fine degli anni settanta ma integro.

«Motel 2010» mostra come l’ex-Italcementi sia diventata abitazione per i senzatetto; collocata alle porte del centro cittadino e al contempo isolata, la fabbrica chiusa si anima di persone che la vivono, ricostruendo in essa un preciso ordine domestico. La cucina, ben rintracciabile tra le stoviglie impilate e ordinate, la camera da letto e gli oggetti del quotidiano di chi ha trovato casa negli spazi dismessi
«2013», l’ultima sezione, rappresenta la demolizione e lo spazio urbano ancora una volta si trasforma e la decisione di cancellare la struttura impone un nuovo e radicale cambiamento. La demolizione è documentata gradualmente e culmina con il vuoto che caratterizza l’enorme spianata in cui sorgeva la fabbrica, visto dalla funivia. Restano le due ciminiere a testimoniare il passato.