Legambiente – Fassa Bortolo. Report Cave 2025

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Ecco quanto emerge dal Report Cave 2025 di Legambiente in collaborazione con Fassa Bortolo: meno cave autorizzate in Italia, ma i prelievi di sabbia e ghiaia aumentano. Il ritorno economico per le casse pubbliche è inferiore ai 20 milioni e la normativa obsoleta frena la sostenibilità del settore estrattivo.

Presentazione del Report Cave 2025 (foto Legambiente)

Legambiente a distanza di quattro anni presenta, in collaborazione con Fassa Bortolo, il Report Cave 2025.

Il settore estrattivo può assumere un ruolo strategico all’interno dell’economia circolare, ma per farlo è necessario un vero cambio di rotta.

Occorre ridurre il prelievo di materiali naturali e l’impatto delle cave sul paesaggio, promuovendo al contempo il recupero ambientale delle aree dismesse e incentivando il riutilizzo e riciclo degli aggregati.

Per raggiungere questi obiettivi, è indispensabile superare le normative obsolete, rivedere i canoni di concessione ancora troppo bassi e armonizzare le leggi regionali, oggi frammentate e disomogenee. Solo attraverso una gestione più equa, trasparente e innovativa sarà possibile trasformare il settore estrattivo in un motore di sostenibilità e rigenerazione territoriale.

«È inaccettabile che un settore con forti impatti ambientali ed economici sia ancora regolato da un decreto del 1927, basato su un approccio datato e che trascura le ricadute sui territori (in termini di polveri, risorsa idrica e suolo, rumore e vibrazioni, paesaggio, ecosistemi naturali). Governo e Regioni adottino una visione nuova, capace di favorire innovazione, rilancio dei distretti produttivi e nuovi green jobs nel riciclo dei materiali da costruzione. Le capacità tecnologiche e le esperienze di imprese attive in tal senso non mancano. Serve una legge quadro che preveda il monitoraggio delle cave attive e dismesse, che introduca regole uniformi per tutelare il territorio, Valutazione di Impatto Ambientale obbligatoria, recupero ambientale e divieto di attività in aree sensibili, incentivi all’uso di materiali riciclati rispetto alle materie vergini». Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente.

I numeri del Report Cave 2025

Secondo i dati del Report Cave 2025, in Italia si registra un calo significativo delle cave autorizzate, comprese quelle inattive.

Attualmente sono 3.378, con una riduzione del 51,3% rispetto al 2008 e del 20,7% rispetto al 2021. Un dato che riflette in parte la crisi del settore edilizio e il rallentamento delle attività estrattive negli ultimi anni.

Tuttavia, a fronte di questa contrazione numerica, il volume dei prelievi è tornato a crescere. Il consumo di sabbia e ghiaia ha raggiunto i 34,6 milioni di metri cubi all’anno, con un incremento del 18,5% rispetto al 2021.

Ancora più marcato l’aumento del calcare estratto, che con 51,6 milioni di metri cubi segna un +92,5% rispetto alla precedente edizione del report.

In controtendenza, invece, il settore delle pietre ornamentali, che registra un calo dell’11,3%, con volumi pari a 5,5 milioni di metri cubi.

Tutti i dati sono stati forniti dalle Regioni e dalle Province Autonome, e fotografano un comparto in trasformazione, in cui la riduzione del numero di cave non corrisponde necessariamente a un minor impatto complessivo sull’ambiente.

Canoni di concessione irrisori e cave dismesse in aumento

Nonostante i volumi estrattivi rilevanti, il Report Cave 2025 evidenzia come i canoni di concessione per l’attività estrattiva restino estremamente bassi. In alcune Regioni, infatti, le tariffe applicate sono inferiori a 0,50 euro per metro cubo di materiale estratto.

Il ritorno economico complessivo per le casse pubbliche, derivante principalmente da sabbia e ghiaia, non supera i 20 milioni di euro annui.

Un valore nettamente inferiore rispetto al potenziale: applicando canoni pari al 20% del valore di mercato, come avviene nel Regno Unito, l’Italia potrebbe ottenere circa 66 milioni di euro, con una perdita stimata di 46,5 milioni di euro ogni anno.

Parallelamente, il censimento nazionale registra un lieve aumento delle cave dismesse, salite a 14.640 unità, pari a un +3,5% rispetto al 2021.

Tuttavia, solo una minima parte di queste aree è oggetto di interventi di ripristino ambientale, segno di una gestione ancora insufficiente della fase post-estrattiva e di un’occasione mancata per il recupero paesaggistico e territoriale.

«Per noi, attività estrattiva e recupero ambientale non sono fasi distinte, ma un unico processo integrato. Oltre tre secoli di esperienza ci hanno insegnato che solo investendo a monte su tecnologie innovative, una pianificazione attenta e una gestione responsabile delle risorse è possibile ottenere risultati concreti, capaci di coniugare davvero lo sviluppo umano con la tutela dell’ambiente. La partnership quasi decennale con Legambiente nasce proprio da queste basi comuni, dalla consapevolezza che lavorare nel rispetto del territorio non è solo una questione di etica, ma un’opportunità che genera valore: un modello virtuoso che merita di essere condiviso e promosso come buona pratica per l’intero settore». Lorenzo Bernardi, Direttore Ambiente, Salute e Sicurezza Fassa Bortolo

Le tre priorità per rilanciare il settore estrattivo in chiave sostenibile

Legambiente individua tre linee di azione prioritarie per rilanciare il settore estrattivo in chiave sostenibile:

  • Incrementare il recupero e riciclo dei materiali da costruzione e demolizione, trasformandoli in alternative concrete agli aggregati naturali. Occorre ridurre i conferimenti in discarica, garantire la tracciabilità dei materiali, introdurre la demolizione selettiva negli appalti pubblici, fissare obiettivi di riciclo e investire nella formazione professionale.
  • Introdurre un canone minimo nazionale di concessione, pari almeno al 20% del valore di mercato dei materiali estratti. Questo consentirebbe una gestione più equa delle risorse, il ripristino dei siti estrattivi, il sostegno all’innovazione e la competitività dei materiali riciclati.
  • Rafforzare la tutela dei territori, rendendo obbligatoria l’approvazione e l’aggiornamento dei Piani per le Attività Estrattive (Prae) — ancora assenti in sei Regioni e una Provincia Autonoma — per regolare i prelievi, incentivare l’uso di materiali riciclati e assicurare controlli efficaci contro le infiltrazioni criminali.

Esempi virtuosi e collaborazione con Fassa Bortolo

Il Report Cave 2025 raccoglie anche esempi concreti di gestione sostenibile e innovazione nel settore.

Tra i casi di eccellenza figurano

  • la demolizione selettiva dell’Ospedale “Misericordia e Dolce” di Prato, con il recupero del 98% dei materiali
  • il progetto “Corti di Medoro” di Ferrara, dove è stato riciclato oltre il 99% dei rifiuti da demolizione.

Altri esempi mostrano come le cave dismesse possano rinascere come spazi verdi o culturali: dal Parco delle Cave di Brescia al Parco di Marco Vito a Lecce, fino all’iconico Eden Project in Cornovaglia.

Su questa scia, prosegue la partnership tra Legambiente e Fassa Bortolo, avviata nel 2017, con l’obiettivo di promuovere la diffusione di buone pratiche, la sensibilizzazione e la divulgazione di soluzioni sostenibili per l’edilizia del futuro.

I dati territoriali del Report Cave 2025

Report Cave 2025 (foto Legambiente)

Secondo il Report Cave 2025, in Italia sono 1.678 i Comuni che ospitano almeno una cava autorizzata. Le Regioni con la maggiore concentrazione di siti estrattivi risultano Lombardia, Veneto e Puglia, ciascuna con oltre 300 cave attive o autorizzate.

Per quanto riguarda le cave dismesse, i numeri più elevati si registrano in Lombardia (oltre 3.100 siti), Toscana (2.400), Puglia (2.000) e Piemonte (1.847).

Si tratta di aree che, in molti casi, attendono ancora interventi di recupero o riconversione ambientale, nonostante il loro potenziale per la rigenerazione territoriale.

Sul fronte economico, il quadro dei canoni di concessione rimane disomogeneo: in Basilicata e Sardegna non è previsto alcun canone per nessuna tipologia di materiale estratto, mentre in Valle d’Aosta è applicato solo per sabbia e ghiaia.

Le tariffe più basse si registrano in Calabria, Lazio, Puglia, Umbria e Valle d’Aosta, dove i canoni scendono al di sotto dei 0,50 euro per metro cubo.

Il riciclo degli inerti: un potenziale ancora poco valorizzato

Il Report Cave 2025 evidenzia come la produzione di aggregati riciclati e materiali artificiali alternativi agli inerti da cava sia in Italia ancora limitata, soprattutto se confrontata con Paesi come Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi.

Si stimano tra 2.000 e 3.000 impianti di riciclo autorizzati, sia fissi che mobili, secondo i dati forniti da Ance nel 2021.

Le Regioni più attive nel settore del riciclo si concentrano nel Centro-Nord, in particolare Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Trentino e Toscana.

Questi impianti rappresentano una risorsa strategica per ridurre il consumo di materie prime naturali, promuovere l’economia circolare e limitare l’impatto ambientale del comparto estrattivo.

Tuttavia, occorrono politiche più incisive per favorire la diffusione di queste pratiche su scala nazionale.

Dal 2008, il Report Cave di Legambiente monitora con cadenza quadriennale le attività estrattive italiane, incrociando i dati forniti da Regioni, Province Autonome e Istat.

L’obiettivo è fornire una fotografia aggiornata del settore, analizzandone gli impatti economici e ambientali, il quadro normativo e le opportunità legate all’economia circolare.

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