Obiettivo Domani: l’Ance lancia la sfida del post-Pnrr

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Come evitare che il 2026 segni la fine della stagione di crescita inaugurata dal Pnrr? È da questa domanda che prende le mosse “Obiettivo Domani”, il convegno organizzato dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) nella sede di via Guattani a Roma. Un titolo che è insieme un manifesto e una chiamata all’azione: garantire continuità agli investimenti pubblici, difendere la concorrenza e rendere strutturale la modernizzazione del settore delle costruzioni.

A dare il via ai lavori è stato il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che ha riconosciuto “il contributo importantissimo che le imprese stanno dando alla trasformazione e rigenerazione della città”. Poi il dibattito è entrato subito nel vivo, con istituzioni, giuristi e rappresentanti politici riuniti attorno a un obiettivo comune: non disperdere l’eredità del Pnrr, ma farne il punto di partenza per un nuovo modello di sviluppo.

Il caro-materiali è una zavorra per il 70% dei cantieri

Al centro del confronto, uno dei nodi più urgenti: l’aumento dei costi dei materiali, che continua a pesare su sette cantieri su dieci, inclusi un terzo di quelli finanziati dal Pnrr.

Federica Brancaccio (foto Ance)

«La crescita del Paese è fortemente condizionata dal completamento delle opere del Piano — ha avvertito la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio —. Se l’edilizia rallenta o si ferma, l’Italia non cresce».

Brancaccio ha ricordato che le imprese devono ancora ricevere circa 1,7 miliardi di euro relativi al 2024 e ai primi mesi del 2025, mentre mancano all’appello oltre 2,2 miliardi rispetto alle risorse necessarie a coprire il caro-materiali.

Il vicepresidente Luigi Schiavo ha rilanciato: «Molti lavori in corso restano ancorati a prezzi di gara ormai superati del 30-40%. Senza nuovi interventi, rischiamo di lasciare centinaia di imprese senza tutela».

Cinque proposte per un mercato più efficiente e competitivo

Dalle criticità alle soluzioni: l’Ance ha presentato un pacchetto di cinque proposte concrete per evitare il blocco dei cantieri e costruire un mercato delle opere pubbliche “aperto, dinamico e trasparente”.

  1. Rifinanziare le misure anti caro-materiali. Stabilizzare fino alla fine dei lavori il meccanismo del “Dl Aiuti” e consentire anche ai contratti Foi di accedere ai ristori, evitando disparità di trattamento.
  2. Aprire il mercato dei concessionari “senza gara”. Superare l’esenzione dall’obbligo di esternalizzazione nei settori speciali, introducendo una quota minima di affidamenti a terzi, per garantire concorrenza e parità di condizioni.
  3. Corrette stime e prezzari realistici. Aggiornare le spese generali, ferme da oltre quarant’anni, e creare un prezzario nazionale sotto la regia del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, così da allineare le gare ai valori reali del mercato.
  4. Limitare gli affidamenti “in house”. “Lo Stato deve fare il committente, non l’imprenditore”, sottolinea l’Ance, che chiede di porre limiti stringenti a una pratica che rischia di ridurre la competizione e gonfiare i costi per la collettività.
  5. Rendere più efficiente il Cct, il Collegio consultivo tecnico. Strumento chiave del nuovo Codice dei contratti pubblici, il Cct deve diventare più rapido e trasparente, con compensi proporzionati e regole uniformi per tutte le stazioni appaltanti.

Concorrenza: il tallone d’Achille degli appalti italiani

Il tema della concorrenza è emerso come uno dei più delicati. I numeri parlano chiaro: nel 2024 si sono contati oltre 62.000 appalti di lavori pubblici per circa 61 miliardi di euro, ma il 90% è stato assegnato senza un reale confronto competitivo. Solo il 7,8% degli appalti ha seguito una procedura aperta.

Il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, ha ribadito l’importanza di una «vigilanza collaborativa» e l’urgenza di costruire «un ecosistema che guardi oltre il Pnrr». A fargli eco, Carlo Deodato, segretario generale della Presidenza del Consiglio, che ha richiamato il valore della riforma del Codice degli appalti come uno dei capitoli più strategici del Piano.

Il dopo-Pnrr non può essere un ritorno al passato

«Il Pnrr ha permesso al settore di superare una fase di crisi profonda — ha ricordato il viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi — ma non possiamo pensare che dal 2027 finisca tutto. L’Italia dovrà continuare a costruire ponti, strade e ferrovie, anche senza il sostegno straordinario dei fondi europei».

Nel pomeriggio, il dibattito si è spostato sulle regole della concorrenza, con la partecipazione di rappresentanti di governo, Parlamento, università e imprese. Un confronto ampio, che ha messo al centro la necessità di consolidare un sistema efficiente, trasparente e orientato ai risultati.

Il principio del risultato come bussola per il futuro

Per l’Ance, il “principio del risultato” introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici potrà realizzarsi solo in un mercato realmente aperto e competitivo. “Un mercato che premia la qualità, la capacità e l’innovazione — si legge nel documento — è la condizione essenziale per trasformare l’eredità del Pnrr in una politica industriale duratura”.

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