Federcomated. Costruire digitale

Condividi
Il 42° meeting di Federcomated ha evidenziato il ruolo strategico dei punti vendita di materiali edili nella filiera, tra innovazione, sostenibilità e competenze digitali. Mercato, dati, processi e formazione diventano leve per una distribuzione moderna e centrale nel sistema costruzioni
(foto fralemarch)

Un omaggio carico di emozione ha inaugurato il 42° meeting di Federcomated, ospitato il 27 novembre nella prestigiosa sede milanese di Confcommercio: il saluto a Mario Verduci, storico direttore generale di Federcomated e Fenapro, che ha deciso di lasciare l’incarico dopo sessant’anni vissuti nel cuore del sistema confederale.

A portare i saluti istituzionali è stato Umberto Bellini, vicepresidente di Confcommercio, che ha trasmesso anche gli auguri e il ringraziamento del presidente Carlo Sangalli. A introdurre i lavori è stato il presidente di Federcomated, Giuseppe Freri, che ha aperto ufficialmente l’incontro dedicato a un tema ormai cruciale per il settore: “Costruire digitale. Il magazzino edile tra mercato e innovazione”.

Siamo nel mezzo di un cambio di stagione

(foto fralemarch)

«Apriamo questo appuntamento ricordando un traguardo che non appartiene solo alla nostra storia associativa, ma alla storia economica del Paese: gli 80 anni di Confcommercio – ha esordito Giuseppe Freri –. Fondata nel 1945, l’associazione rappresenta da ottant’anni il cuore pulsante del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti in Italia. Questo anniversario non è solo una ricorrenza ma è il simbolo del valore del commercio come motore sociale ed economico del Paese, della forza delle nostre imprese, della loro capacità di innovare, adattarsi e restare un punto di riferimento per territori, comunità e filiere produttive.
È un traguardo che ci ricorda quanto il commercio, ieri come oggi, sia una colonna portante dell’economia italiana, anche grazie alla guida attenta e costante del Presidente Carluccio Sangalli, che ha sempre mantenuto alta l’attenzione sulle esigenze delle imprese, garantendo una rappresentanza solida e una vicinanza concreta ai territori e a chi ogni giorno fa impresa.
Ma questa storia lunga ottant’anni ci insegna anche una cosa: che ogni epoca porta con sé una svolta. E oggi quella svolta è davanti ai nostri occhi: Siamo nel mezzo di un cambio di stagione. Lo dicono le analisi, lo conferma il Cresme, lo vediamo nei nostri magazzini.

Dopo anni di eccezionalità – trainati da Superbonus, riqualificazioni spinte, incentivi – siamo entrati in una fase nuova: più selettiva, più tecnica, più competitiva.
Il mercato pubblico continua a tenere, mentre il mercato privato rallenta e cambia forma. La domanda non sparisce: si trasforma. È una domanda più consapevole, più frammentata, più esigente.
E mentre questo accade, stanno avvenendo tre fenomeni irreversibili:

  1. Digitalizzazione profonda della filiera.
    Non un tema “di moda”, ma un’infrastruttura ormai critica. I processi diventano digitali, i prodotti diventano digitali, il cliente è digitale, la tracciabilità è digitale.
  2. Nuove regole europee, più stringenti.
    L’Europa chiede misurazione dell’impronta ambientale, responsabilità di filiera, rendicontazione trasparente.
    La sostenibilità entra nei capitolati… ma anche nei magazzini.
  3. Servizi che valgono quanto il prodotto.
    Chi compra non cerca più solo materiale. Cerca orientamento, assistenza, sicurezza del risultato.

E qui sta il punto: la distribuzione non è più un “passaggio obbligato”. È un nodo strategico del sistema. Noi siamo cerniera, ponte, garante. Tra chi produce e chi costruisce, tra la norma e il cantiere, tra il mercato e il cliente. Siamo diventati – e saremo sempre di più – centri di competenze, non solo di prodotti.
Eppure, questo ruolo non è ancora riconosciuto come merita.

La filiera non funziona se non funziona la distribuzione.
Né la sostenibilità, né la qualità, né la sicurezza, né l’innovazione possono diventare sistema senza una rete distributiva forte, moderna, digitale e formata.

Il tema del convegno – “Costruire digitale. Il magazzino edile tra mercato e innovazione” parte esattamente da qui. Il digitale non è un programma da installare. È un cambio di mentalità, un nuovo modo di lavorare. Significa almeno quattro cose:
1. Dati – Saperli raccogliere, capirli e usarli. Dai listini alla logistica, dagli stock agli ordini, dalla fatturazione alla tracciabilità.
2. Processi – Processi snelli, standardizzati, replicabili. La competitività di domani non sta nel “fare di più”, ma nel fare meglio: più veloce, più preciso, più trasparente.
3. Competenze – Il personale deve essere formato: tecnica, digitale, normativa. Chi sta al banco oggi è consulente, non un semplice addetto o adetta.
4. Servizi – Il magazzino diventa un centro servizi. Dalla vendita qualificata alla consulenza, dalla logistica integrata al post-vendita. Dall’edilizia all’edilizia circolare.
Questo è il nostro vero differenziale competitivo. Non il prezzo. Il valore.
Le tre linee strategiche su cui dobbiamo muoverci:

  • Digitalizzare la distribuzione. Perché il digitale non è un costo: è ciò che ci permette di essere affidabili, scalabili, profittevoli.
  • Costruire filiere trasparenti. Non possiamo più separarci: produttori, distributori e imprese devono lavorare insieme, condividere obiettivi, standard, dati. Una filiera divisa è una filiera debole.
  • Difendere il ruolo della distribuzione nel sistema edilizio. Non è solo rappresentanza: è presidio. È cultura d’impresa. È riconoscimento di un mestiere che sta evolvendo e che va valorizzato.

Siamo a Milano, la città che sa fare una cosa meglio di tutte: mettere insieme innovazione e concretezza.
Da qui voglio lanciare un messaggio a tutti voi: il futuro non arriverà da solo. O lo costruiamo, o lo subiamo. E io sono convinto che noi abbiamo tutto per costruirlo. Abbiamo esperienza, reputazione, territorio, reti commerciali, relazioni, capacità tecnica, visione. Dobbiamo solo fare un passo in più: progettare il nostro domani con coraggio.

Il digitale non ci sostituisce: ci potenzia. La sostenibilità non ci complica la vita: ci apre un mercato nuovo. La competenza non è un costo: è un investimento che produce margine.
Chiudo tornando al senso di questo incontro. Oggi non stiamo solo parlando di innovazione. Stiamo dicendo – con fatti, non con slogan – che la distribuzione edile italiana vuole stare al centro della trasformazione del Paese.

Vogliamo essere protagonisti. Vogliamo essere ascoltati. Vogliamo essere parte delle scelte. E vogliamo farlo insieme, come Federcomated: la casa di una categoria che ha ancora tanto da dare».

È urgente una politica industriale che metta al centro il comparto

(foto fralemarch)

Tra i primi interventi, quello del nuovo presidente di Federcostruzioni, Emanuele Ferraloro, che ha trasformato il momento dei saluti in una riflessione più ampia sul ruolo delle persone all’interno delle organizzazioni: «Nel ritmo frenetico delle nostre agende rischiamo di dimenticare che associazioni e imprese esistono perché esistono le persone», ha detto.

Ricordando la figura di Verduci come “un uomo vero, un punto fermo”, Ferraloro ha poi richiamato l’attenzione sull’urgenza di una politica industriale che metta finalmente al centro il comparto delle costruzioni, settore che rappresenta un quarto del Pil nazionale e impiega oltre 3,3 milioni di lavoratori, ma che continua a subire scelte legislative discontinue: «Non possiamo essere trattati con norme che cambiano di continuo, perché qui parliamo della vita delle persone e della tenuta economica del Paese».

I contributi tecnici

Con Paolo Leccese (Casa Radio) alla moderazione, la sessione tecnica ha visto susseguirsi gli interventi di Lorenzo Bellicini (Cresme), Claudio Mirarchi (Politecnico di Milano) e Giovanni Di Leo (Assimpredil Ance).

(foto fralemarch)

Costruzioni e mercato

(foto fralemarch)

Nel suo intervento, Lorenzo Bellicini ha delineato un quadro ampio e articolato del settore delle costruzioni, inserendolo in un contesto globale segnato da profonde trasformazioni. Secondo l’analisi del Cresme, il mondo sta attraversando un nuovo ciclo sistemico caratterizzato da transizioni demografiche, energetiche, digitali e geopolitiche che stanno ridisegnando gli equilibri economici internazionali. In questo scenario, competitività e attrattività diventano fattori decisivi per la tenuta dei sistemi produttivi.

Il comparto italiano arriva da due importanti “booster” che hanno sostenuto la domanda in modo eccezionale: il Superbonus e il Pnrr. Tuttavia, la fase espansiva legata agli incentivi si sta esaurendo, mentre a livello globale si continua a costruire a ritmi senza precedenti. Sul fronte demografico, l’Italia mostra segnali di forte criticità, con una perdita di 1,8 milioni di abitanti dal 2018, a fronte di una crescita esplosiva dell’Africa destinata a una rapida urbanizzazione.

Sul piano interno, i segnali restano contrastanti. Il saldo tra imprese iscritte e cessate è tornato negativo, con una perdita netta di circa 17.000 imprese nel 2024, mentre la carenza di manodopera assume ormai un carattere strutturale: alle aziende mancherebbe oltre metà della forza lavoro necessaria. Nonostante ciò, l’occupazione nelle costruzioni continua a crescere e rappresenta quasi un terzo dell’incremento complessivo dell’occupazione registrato dal 2019.

Mercato immobiliare, opere pubbliche e nuova domanda abitativa

Il comparto residenziale, sorprendentemente, mostra una rinnovata vivacità. Crescono le intenzioni di acquisto delle famiglie, aumenta la domanda di ristrutturazioni e tornano a correre i mutui, con un incremento del 42% dei finanziamenti per l’acquisto della casa nel 2025. I prezzi degli immobili continuano a salire, superando l’inflazione dopo un decennio di contrazione, mentre i tempi medi di vendita si riducono a cinque mesi.

Sul fronte delle locazioni, invece, l’emergenza si acuisce: la disponibilità di alloggi in affitto diminuisce, i canoni aumentano e le difficoltà per i giovani si fanno sempre più evidenti. La domanda abitativa reale resta in parte insoddisfatta: tra il 2018 e il 2022 si sono formate 683.000 nuove famiglie, ma le nuove abitazioni realizzate non superano le 367.000. Ne deriva un fabbisogno di oltre 315.000 alloggi, non compensato dall’apparente disponibilità di case sfitte, spesso localizzate in aree interne o turistiche e di fatto non utilizzabili.

Il capitolo degli investimenti pubblici si presenta invece più solido. Tra Pnrr, fondi strutturali e risorse già stanziate per le opere strategiche, il settore ha potuto contare su centinaia di miliardi di euro. Le prospettive sulle grandi infrastrutture restano positive almeno fino al 2032, a condizione che la capacità di spesa dello Stato non subisca rallentamenti. Molto meno brillante, invece, appare il fronte degli incentivi edilizi: dopo aver raggiunto un picco di 94,5 miliardi, il valore complessivo delle agevolazioni si attesta oggi attorno ai 30 miliardi.

Secondo Bellicini, il settore si trova ora di fronte a una nuova “onda lunga” dell’innovazione legata all’intelligenza artificiale, alle tecnologie per la sostenibilità e ai moderni metodi costruttivi, destinati a ridisegnare produttività e organizzazione del lavoro. La vera sfida sarà accompagnare questa transizione con politiche adeguate e con un grande piano di rigenerazione urbana, considerato l’unico vero orizzonte in grado di garantire qualità, efficienza energetica e resilienza climatica al patrimonio edilizio esistente.

Digitale, dati e conoscenza

(foto fralemarch)

Nel suo contributo, Claudio Mirarchi, ricercatore del Politecnico di Milano, ha posto l’attenzione sulla necessità di superare una visione riduttiva della trasformazione digitale nelle costruzioni. Il digitale, secondo Mirarchi, non può essere identificato esclusivamente con il BIM, che pure resta un pilastro fondamentale, soprattutto alla luce degli obblighi normativi per gli appalti pubblici sopra i 2 milioni di euro e della crescente diffusione anche nel privato.

La vera sfida, ha spiegato, è imparare a gestire dati, informazioni e conoscenza lungo l’intera filiera, dalla progettazione al cantiere, fino alla gestione dell’opera e al ruolo del committente. Il settore si muove ormai in un ecosistema tecnologico molto più ampio, che comprende intelligenza artificiale, sensoristica, realtà virtuale, sistemi avanzati di rilievo e nuove forme di fruizione digitale del costruito.

Il cuore dell’innovazione non è lo strumento in sé, ma la capacità di trasformare i dati in supporto alle decisioni per progettisti, imprese, produttori e distributori. In questo contesto emerge un problema cruciale: la perdita di know-how legata all’invecchiamento della forza lavoro. Senza strumenti capaci di preservare e rendere fruibile la conoscenza, il rischio è una progressiva riduzione della competitività.

Mirarchi ha inoltre evidenziato alcuni rischi strutturali della digitalizzazione: la carenza di competenze adeguate, la frammentazione delle piattaforme e la difficoltà di accesso effettivo ai dati. La moltiplicazione di soluzioni tecnologiche verticali che non comunicano tra loro produce dispersione delle informazioni e perdita di tempo, mentre il vero obiettivo dovrebbe essere la strutturazione dei dati in modo che possano essere elaborati rapidamente e in modo affidabile dai sistemi digitali.

Tra gli esempi concreti presentati, la nuova piattaforma del prezziario regionale lombardo, sviluppata dal Politecnico, che ha trasformato migliaia di descrizioni testuali non strutturate in un sistema leggibile anche dalle macchine. Oggi, i dati consentono verifiche automatiche di coerenza tra progetto, computo metrico, programma lavori e prestazioni dei materiali. Un altro progetto riguarda l’applicazione del machine learning per il riconoscimento automatico degli oggetti negli elaborati grafici, rendendo utilizzabili anche archivi storici di documenti non strutturati.

La tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, evolve rapidamente. La vera sfida per il settore, ha sottolineato Mirarchi, è imparare a governare questo cambiamento, integrando strumenti, competenze e processi per trasformare l’innovazione in vantaggio competitivo reale.

La filiera al centro della trasformazione

(foto fralemarch)

Anche Giovanni Deleo, presidente di Assimpredil Ance, ha richiamato l’attenzione sul fatto che la digitalizzazione non può essere ridotta a una questione di software, ma rappresenta un cambiamento culturale e organizzativo che coinvolge l’intera filiera delle costruzioni. Uno degli errori più diffusi, secondo Deleo, è stato quello di pensare che bastasse acquistare un gestionale, il Bim o nuove piattaforme per risolvere i problemi strutturali del settore.

La trasformazione digitale, invece, richiede prima di tutto un’analisi approfondita dei processi. Non è possibile digitalizzare ciò che non è stato prima compreso, mappato e ottimizzato. Inoltre, il prodotto edilizio non dipende solo dall’impresa esecutrice, ma anche da progettisti e distributori: se questi anelli della catena non avanzano insieme, l’impresa resta di fatto bloccata. A questo si aggiunge il tema delle persone: senza investimenti continui in formazione e competenze, il valore della digitalizzazione resta puramente teorico.

Il presidente di Assimpredil Ance ha richiamato anche il dato sulla produttività, che resta tra le più basse rispetto agli altri comparti economici. Il costo degli errori e delle rilavorazioni in edilizia arriva a pesare fino al 30% del valore complessivo delle opere, una quota enorme che potrebbe essere ridotta attraverso una migliore programmazione dei cantieri, una progettazione più accurata e l’uso sistematico di dati strutturati e interoperabili.

In questo contesto, assume un ruolo centrale anche la codifica dei prodotti. A differenza di altri settori industriali, nell’edilizia lo stesso materiale può essere identificato con nomi e codici diversi a seconda del fornitore, ostacolando l’integrazione dei dati lungo la filiera. Il quadro normativo, però, spinge verso una maggiore tracciabilità attraverso strumenti come il passaporto digitale dei prodotti, che raccoglierà in formato strutturato tutte le informazioni tecniche, ambientali e prestazionali, e il futuro passaporto di ristrutturazione, destinato a documentare gli interventi sugli edifici.

Deleo ha infine sottolineato l’importanza della logistica di cantiere e della tracciabilità dei materiali, attraverso sistemi di identificazione digitale in grado di ridurre gli errori e migliorare l’organizzazione delle forniture. Accanto alla tecnologia, resta però decisivo il fattore umano: la carenza di manodopera qualificata e la scarsa attrattività del settore per i giovani restano criticità aperte, nonostante la capacità di adattamento dimostrata negli anni del Superbonus e del Pnrr.

La conclusione è chiara: la digitalizzazione non può essere un percorso individuale. Serve un progetto collettivo di filiera, capace di mettere in rete imprese, fornitori, progettisti, associazioni e istituzioni. Solo così l’innovazione potrà trasformarsi in reale competitività per l’intero settore delle costruzioni.

Mario Verduci. 60 anni di vita associativa

All’apertura del 42esimo meeting associativo di Federcomated, Umberto Bellini, vicepresidente di Confcommercio, ha letto il messaggio del presidente confederale, Carluccio Sangalli impossibilitato ad essere presente: «Caro Mario, in tutti questi anni il tandem con Giuseppe Freri è stato un esempio straordinario di collaborazione. Insieme avete saputo portare avanti progetti, affrontare sfide e dato valore all’intero settore.
La vostra sintonia professionale e umana resterà un riferimento importante per tutti noi, per tutta la Confcommercio».

(foto fralemarch)

Come ricordo tangibile è stato consegnato a Mario Verduci un dipinto ad acquarello raffigurante corso Venezia con, in primo piano, il palazzo Bovara, sede del Circolo del Commercio dove il dott. Verduci ha avuto, per tanti anni, l’ufficio. Questa la dedica:

“Dal 1983 hai camminato lungo questa strada. Corso Venezia è il simbolo di un tempo vissuto insieme, lunga vita del commercio e della rappresentanza. Un percorso condiviso fatto di ascolto e dialogo e una presenza costante che ha saputo tenere insieme persone e valori. Grazie Mario, con gratitudine”.

(foto fralemarch)

Ricevendo questo dono e rivolgendosi alla platea, il dott. Mario Verduci si è così espresso:

«Grazie a tutti essere qui presenti, grazie a Giuseppe Freri presidente di Federcomated, una federazione che sento profondamente mia e grazie a Michelangelo Liuni e agli amici di Fenapro (Federazione nazionale profumieri).

Tutto è iniziato nel 1965. Non ero nemmeno ancora laureato. Ero uno “studente lavoratore” che entrava in un mondo nuovo, fatto di carte, di strette di mano e di ideali. Poi, dalla sede storica nella piccola piazza Belgioioso, gioiello dell’architettura milanese, siamo arrivati alla grandezza istituzionale di palazzo Castiglioni. Abbiamo cambiato scrivanie, abbiamo cambiato tecnologie, abbiamo contribuito a cambiare l’Italia, passata da paese agricolo a potenza industriale.

E se mi chiedete “perché” sono rimasto così a lungo, “cosa” mi ha spinto a dedicare oltre 60 anni a questa causa, la risposta non la trovo nei bilanci, ma in numerosi momenti di vita associativa. […] Oggi lascio il mio ruolo operativo, ma questo non è il momento solo dei ricordi, è il momento di guardare al futuro.

Lasciare oggi, significa lasciare in un momento di grande complessità. Il panorama odierno ci chiama ad affrontare prove di portata storica: dalle ben note vicende geopolitiche, i cui effetti si riverberano sull’economia globale, al ruolo cruciale dell’unione europea in questo contesto, fino alle ineludibili trasformazioni ecologiche e digitali che ridisegnano il fare impresa, anche imponendo l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Sono interrogativi che richiedono risposte forti, coese, e una leadership capace.

Sono certo che la nostra confederazione, forte della sua storia e della sua base associativa, saprà affrontare e vincere queste sfide, trasformando i problemi in opportunità per il futuro del paese. E proprio a coloro che guideranno la confederazione in questo futuro complesso, va il mio ringraziamento».

E, dopo aver citato il presidente confederale, il direttore generale e gli uomini e le donne al cui fianco ha lavorato, ha concluso dicendo «È stato un onore servirvi. Grazie per questi 60 anni insieme. Ad maiora!»

Edicola web

Ti potrebbero interessare

Fakro. Continua la strategia sostenibile Go Green

Fakro investe nella sostenibilità con un impianto fotovoltaico da 2.105 kWp. L’azienda riduce così le emissioni di Co₂ e promuove l’energia rinnovabile nella produzione, in fede alla strategia Go Green