Dedalo Consulting lancia l’allarme sugli effetti potenziali della bozza di Legge di Bilancio che, a partire dal 1° luglio 2026, introduce il divieto di compensazione dei crediti d’imposta – non derivanti da liquidazioni periodiche – per il pagamento dei contributi INPS e INAIL. Una misura che potrebbe mettere sotto pressione un sistema che oggi vale circa 300 miliardi di euro l’anno, pari a oltre un terzo del gettito complessivo dello Stato.
Negli ultimi anni, numerose imprese e operatori finanziari hanno acquistato crediti fiscali maturati tra il 2023 e il 2025, programmando il loro utilizzo nel periodo 2026–2029. Una strategia coerente con il quadro normativo allora vigente e con un mercato che, secondo i dati MEF, ha generato oltre 107 miliardi di euro di crediti d’imposta. La possibilità di compensare tali crediti anche con oneri previdenziali e assicurativi rappresentava un elemento chiave nella pianificazione finanziaria.
L’analisi di Dedalo Consulting
Secondo l’analisi tecnica di Dedalo Consulting Srl SB, l’impatto sarebbe immediato soprattutto sul fronte della liquidità aziendale. L’impossibilità di compensare costringerebbe molte imprese a riversare i crediti sul mercato, in una fase già segnata da prezzi in calo e sconti elevati. Inoltre, cresce il numero di operatori che hanno strutturato piani di cassa pluriennali basati proprio sull’utilizzo dei crediti fiscali, aumentando l’esposizione a interventi normativi retroattivi.

«Il tema non è la misura in sé, ma l’impatto su scelte già compiute», osservano i fondatori Gabriele Panariello e Giovanni Minella insieme al Prof. Claudio Sottoriva. «Se un’impresa ha acquistato crediti tre anni fa per compensarli dal 2026, o se ha deciso di non cederli proprio per abbattere i contributi, cambiarle le regole oggi significa produrre una perdita inattesa e alterare il suo equilibrio finanziario».
Per Dedalo Consulting, qualsiasi intervento normativo dovrebbe valere solo per i crediti futuri, salvaguardando il principio di affidamento di chi ha operato nel rispetto delle regole vigenti. In chiusura, il monito è chiaro: «Una modifica retroattiva su un segmento che vale un terzo del gettito nazionale e coinvolge decine di migliaia di operatori non solo genera incertezza, ma rischia di destabilizzare un mercato che ha garantito liquidità al sistema produttivo negli ultimi anni».



