
Cosa potranno portare le crescenti azioni di protezionismo economico se non meno crescita e più inflazione?
Questa facile equazione altro non è che l’opposto di quella legata alla tanto vituperata globalizzazione che per decenni ha invece portato a più crescita e meno inflazione, anche se a fare notizie sono certamente più le inevitabili distorsioni da essa prodotte che però non si potranno di certo correggere andando a frammentare i mercati e le catene del valore.
Per il nostro Paese, così come per tutta l’Europa, una deriva protezionistica sarebbe da scongiurare con tutte le forze e al contempo, però, necessitiamo a tutti i livelli di un deciso cambio di passo per quanto riguarda la politica economica.
Dal dopoguerra in poi abbiamo saputo costruire il nostro successo sulla competitività dei nostri prodotti e, infatti, se guardiamo agli Stati Uniti vediamo come il loro deficit commerciale sia da attribuirsi esattamente a questa competitività. Proprio per il nostro Paese, negli ultimi anni sono state certamente le esportazioni la parte più dinamica del prodotto interno lordo.
L’Europa e l’Italia non possono immaginare un futuro nel quale il proprio apparato industriale non sia forte e all’altezza del suo ruolo ed è proprio dalla consapevolezza di questo assunto che deve cambiare il nostro atteggiamento nella negoziazione con il Stati Uniti oltre che le risposte che i nostri Governi daranno nei prossimi anni in materia di politica economica.
Non si può, infatti, pensare di non compensare in qualche modo i comparti che, più di altri, saranno colpiti dai dazi perché questa mancata azione porterebbe a un loro diretto indebolimento, ma accanto a ciò abbiamo bisogno di semplificazioni burocratiche per i cittadini e, soprattutto, per le imprese che non si limitino a mere dichiarazioni di intenti, ma che devono essere reali e tangibili soprattutto in quei settori industriali nei quali i tempi di autorizzazioni e controlli spesso rischiano di paralizzare o inibire la buona riuscita dell’iniziativa.
Non dimentichiamo poi che l’Europa e l’Italia ne sono, da questo punto di vista, l’esempio forse più rappresentativo, continuando ad avere un eccesso di risparmi rispetto agli investimenti e quindi sarebbe forse il momento giusto di ridare impulso al mai sopito progetto dei titoli di investimento europei che potrebbero essere un eccellente propulsore per gli investimenti che altrimenti potrebbero essere rimandati a data da destinarsi.
L’Europa non può commettere l’errore di non ricordarsi chi sia e quindi non deve abdicare al fatto di voler giocare un ruolo da protagonista sulla scena economica mondiale.