Porta della Mandorla | Pulitura con tecnica laser

Trovati scialbi della fine dell’Ottocento

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Il restauro ha interessato un’ampia porzione della facciata pari a circa 700 mq.

Dopo un restauro durato 10 anni torna visibile la Porta della Mandorla del Duomo di Firenze, ultima delle sette porte della Cattedrale a essere decorata.  

Il restauro è stato eseguito dall’Opera di Santa Maria del Fiore sotto la direzione di una commissione di tecnici dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, della soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Firenze, Prato, Pistoia e della soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze e dell’Opera stessa.

Hanno preso parte al restauro anche alcuni Istituti del Cnr di Firenze quali l’Istituto di Fisica applicata N. Carrarà (Ifac-Cnr) e l’Istituto per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, nonché il dipartimento di Scienze ambientali dell’Università di Siena, il Cnr Padova e il laboratorio scientifico dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze.
Prima del restauro, la superficie dell’opera si presentava ricoperta da uno strato scuro e di spessore molto variabile causato dai depositi atmosferici. Le indagini diagnostiche hanno messo in luce, inoltre, la presenza di scialbi (strati di intonaco), risultati poi aggiunti tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, e le tracce di una pellicola apposta sul marmo di Carrara di cui è fatta l’opera, probabilmente un iniziale trattamento a olio, una sorta di strato pittorico pigmentato con finissime ocre e nero carbone che conferiva al rilievo, verosimilmente, un aspetto giallastro.
Il restauro è stato eseguito con la tecnica del laser che ha rimosso lo strato di depositi atmosferici e gli scialbi, lasciando in molte zone un sottile strato della pellicola, ben legata al marmo sottostante, che può esercitare un’azione protettiva contro la solfatazione ed erosione ambientale. Le piccole modulazioni cromatiche e di luminosità che si osservano oggi sull’opera, sono attribuibili al rispetto della pellicola a ossalati e a effetti locali di penetrazioni di sostanze oleose e pigmenti solubilizzati al di sotto della superficie del marmo.

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