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E il Tar del Lazio viola l’equo compenso

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Ancora una volta una sentenza rimette in discussione la ratio dell’equo compenso, che esclude alla radice la possibilità di stipulare un contratto professionale a titolo gratuito tra professionista e pa.

Con la sentenza del Tar del Lazio n. 11411 del 30 settembre è stato dichiarato legittimo l’avviso pubblicato dal Ministero dell’Economia per la selezione di professionalità altamente qualificate nei settori del diritto bancario, societario, pubblico dell’economia, per svolgere attività di consulenza a titolo gratuito.

La Rete Professioni Tecniche considera molto grave questo genere di pronunciamenti, soprattutto alla luce della battaglia che ha portato all’approvazione del cosiddetto equo compenso. Ricorda, inoltre, che parecchie regioni hanno già legiferato in materia, stabilendo un principio che non rappresenta solo il giusto riconoscimento per i professionisti ma è un fatto ineludibile e di giustizia.

Senza contare che, in queste ore, la Camera ha esaminato e discusso ben cinque mozioni, presentate da differenti gruppi parlamentari, in materia d’iniziative a favore delle libere professioni, il cui tema principale, con ampia e trasversale condivisione, è stato proprio quello dell’equo compenso. Lo stesso Governo si è impegnato a un prossimo intervento in questa direzione.

La gravità della sentenza per Rpt risiede, in particolare, nell’argomentazione secondo la quale nemmeno la disciplina dell’equo compenso, attualmente vigente, sarebbe atta a impedire di svolgere attività a titolo gratuito, essendo essa valida soltanto in previsione di un compenso professionale. Secondo la sentenza, inoltre, il professionista sarebbe liberissimo di offrire le proprie prestazioni a titolo gratuito se ritiene che l’attività svolta comporti per lui comunque un arricchimento professionale e del proprio curriculum vitae.

Questa interpretazione genera la completa elusione della disciplina in materia di equo compenso, valida anche nei confronti della pa. La sentenza si pone in netto e aspro contrasto rispetto alla disciplina dell’equo compenso che esclude alla radice la possibilità di stipulare un contratto professionale a titolo gratuito tra professionista e pa.

Affermare, poi, che l’equo compenso si applica soltanto se previsto un compenso professionale ha del paradossale. Basterebbe, infatti, prevedere in ogni circostanza un compenso pari a 0 per eludere la disciplina legale e privare in ogni occasione i professionisti partecipanti alla selezione della possibilità di un compenso “adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione”, come stabilisce l’art.2233 del codice civile.

Si tratta di un’impostazione a dir poco “creativa” e per nulla rispettosa del chiaro disposto normativo, che ha proprio l’obiettivo di tutelare i liberi-professionisti che partecipano a procedure di affidamento di incarichi professionali ed è stata voluta dal legislatore al fine di contrastare la prassi, seguita in passato da alcune amministrazioni, di pubblicare bandi d’incarico professionale senza compenso o con il mero rimborso delle spese sostenute dal professionista.

La Rete Professioni Tecniche esprime la massima preoccupazione perché questa sentenza costituisce un precedente pericoloso, perché determina e realizza, di fatto, la mancata osservanza e mancata applicazione di norme di legge pienamente vigenti sulla base di letture bizzarre della disciplina, non tenendo per nulla conto della ratio e delle ragioni alla base della medesima.

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